Galileo Galilei: un caso emblematico

Insigne studioso, matematico, fisico, astronomo e anche letterato, nasce a Pisa nel 1564. Grazie all’invenzione del cannocchiale, ha la possibilità di compiere diverse scoperte astronomiche che annuncia nel Sidereus Nuncius nel 1610. La sua fama cresce così come la stima dei colleghi europei, come Keplero. La Chiesa della Controriforma aveva stabilito che ogni forma di sapere dovesse essere in armonia con la Sacra Scrittura, nella interpretazione data dalla Chiesa cattolica. Galileo convinto cattolico, più volte nei suoi scritti affronta il problema dei rapporti tra scienza e fede:

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«Leggendosi nelle Sacre lettere, in molti luoghi, che il Sole si muove e che la Terra sta ferma, né potendo la Scrittura mai mentire o errare, ne séguita per necessaria conseguenza che erronea e dannanda sia la sentenza di chi volesse asserire, il Sole esser per sé stesso immobile, e mobile la Terra. Sopra questa ragione parmi primieramente da considerare, essere e santissimamente detto e prudentissimamente stabilito, non poter mai la Sacra Scrittura mentire, tutta volta che si sia penetrato il suo vero senti mento; il qual non credo che si possa non assolutamente, come io ho sempre creduto che habbia parlato il Copernico. Perché il dire, che supposto che la Terra si muova e il Sole sia fermo si salvano tutte le apparenze meglio che con porre gli eccentrici et epicicli, è benissimo detto, e non ha pericolo nessuno; e questo basta al mathematico: ma volere affermare che realmente il Sole stia nel centro del mondo e solo si rivolti in sé stesso senza correre dall’oriente all’occidente, e che la Terra stia nel 3° cielo e giri con somma velocità intorno al Sole, è cosa molto pericolosa non solo d’irritare i filosofi e theologici scolastici, ma anco di nuocere alla Santa Fede con rendere false le Scritture Sante [...] Secondo, dico che, come lei sa, il Concilio prohibisce le scritture contra il commune consenso de’ Santi Padri; e se la P. V. vorrà leggere non dico solo li Santi Padri, ma li commentarii moderni sopra il Genesi, sopra li Salmi, sopra l’Ecclesiaste, sopra Giosuè, troverà che tutti convengono in esporre ad literam ch’il Sole è nel cielo e gira intorno alla Terra con somma velocità, e che la Terra è lontanissima dal cielo e sta nel centro del mondo, immobile. Consideri hora lei, con la sua prudenza, se la Chiesa possa sopportare che si dia alle Scritture un senso contrario alli Santi Padri et a tutti li espositori greci e latini [...] Terzo, dico che quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo e la terra nel terzo cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole allhora bisogneria andar con molta negare essere molte volte recondito e molto diverso da quello che suona il puro significato delle parole. Dal che ne séguita, che qualunque volta alcuno, nell’esporla, volesse fermarsi sempre nel nudo suono literale, potrebbe, errando esso, far apparir nelle Scritture non solo contradizioni e proposizioni remote dal vero, ma gravi eresie e bestemmie ancora: poi che sarebbe necessario dare a Iddio e piedi e mani e occhi, non meno affetti corporali ed umani, come d’ira, di pentimento, d’odio, ed anco tal volta la dimenticanza delle cose passate e l’ignoranza delle future [...] è necessario che i saggi espositori ne produchino i veri sensi, e n’additino le ragioni particolari per che è siano sotto cotali parole profferiti». (dalla Lettera alla Granduchessa Cristina di Lorena)

In sostanza, il messaggio della Bibbia è sempre veritiero ma è necessario interpretare la Bibbia senza fermarsi semplicemente al significato letterale del testo. Inoltre Galileo osserva che le Scritture “dicono come si vadia cielo, non come vadia lo cielo”, cioè non contengono principi relativi alla scienza e alla natura, ma alla morale; pertanto la Chiesa è arbitra in campo etico-religioso, ma la scienza che si fonda sull’esperienza e sulla dimostrazione, deve esserlo in quello delle verità naturali. Seguace delle teorie copernicane incentrate sull’eliocentrismo, in attrito con la posizione della Chiesa, viene ammonito dal cardinale Bellarmino:

«Primo, dico che V. P. et il Signor Galileo facciano prudentemente a contentarsi di parlare ex suppositione e consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e più tosto dire che non l’intendiamo che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal dimostratione, fin che non mi sia mostrata: né è l’istesso dimostrare che supposto ch’il sole stia nel centro e la terra nel cielo, si salvino le apparenze, e dimostrare che in verità il sole stia nel centro e la terra nel cielo; perché la prima dimostratione credo che ci possa essere, ma della seconda ho grandissimo dubbio, et in caso di dubbio non si dee lasciare la Scrittura Santa esposta da’ Santi Padri».

 

È il 1616: le opere di Niccolò Copernico vengono messe all’indice e a Galileo viene imposto di abbandonare la sua teoria, potendola insegnare solo come pura ipotesi scientifica. Negli anni successivi, però, nonostante la sconfitta, Galileo approfondisce gli studi ed entra in polemica con il gesuita Orazio Grassi, convinto assertore dell’ipotesi tolemaica. Incoraggiato dall’ascesa al pontificato del cardinale Barberini, che gli era sempre stato favorevole, pubblica nel 1632 il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (quello tolemaico e quello copernicano). Nonostante l’opera fosse passata al vaglio dell’Inquisizione prima della stampa, viene bloccata e sequestrata poco dopo la pubblicazione, e Galileo è invitato a presentarsi a Roma, al Sant’Uffizio. Il vero e proprio processo a Galileo si svolge nel 1633: imprigionato, più volte interrogato viene condannato al carcere, pena, tramutata poi nel confino a vita nella villa di Arcetri.

Diciamo, pronunziamo, sentenziamo e dichiaramo che tu, Galileo sudetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a questo S.o Off.o veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch’il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo, e che si possa tener e difendere per probabile un’opinione dopo esser stata dichiarata e diffinita per contraria alla Sacra Scrittura; e conseguentemente sei incorso in tutte le censure e pene dai sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Dalle quali siamo contenti sii assoluto, pur che prima, con cuor sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi e detesti li sudetti errori e eresie, e qualunque altro errore e eresia contraria alla Cattolica e Apostolica Chiesa, nel modo e forma da noi ti sarà data. E acciocché questo tuo grave e pernicioso errore e transgressione non resti del tutto impunito, e sii più cauto nell’avvenire e essempio all’altri che si astenghino da simili delitti. Ordiniamo che per publico editto sia proibito il libro de’ Dialoghi di Galileo Galilei. , Ti condaniamo al carcere formale in questo S.o Off.o ad arbitrio nostro; e per penitenze salutari t’imponiamo che per tre anni a venire dichi una volta la settimana li sette Salmi penitenziali: riservando a noi facoltà di moderare, mutare o levar in tutto o parte, le sodette pene e penitenze.

Ormai vecchio e malato, sentita la condanna non gli resta che pronunciare l’abiura:

 «(...) pertanto, volendo io levar dalla mente delle Eminenze Vostre e d’ogni fedel Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla S.ta Chiesa; e giuro che per l’avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione; ma se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d’eresia lo denonziarò a questo S. Offizio, o vero all’Inquisitore o Ordinario del luogo, dove mi trovarò. Giuro anco e prometto d’adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo Santo Officio imposte; e contravenendo ad alcuna delle mie dette promesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da’ sacri canoni e altre costituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Così Dio m’aiuti e questi suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani. Io Galileo Galilei sodetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma, nel Convento della Minerva, questo dì 22 giugno 1633. Io Galileo Galilei ho abiurato come di sopra, mano propria».

La Chiesa cattolica ha riabilitato Galileo Galilei già nell’800, quando sono state tolte dall’Indice tutte le opere che proponessero la teoria copernicana. Sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, inoltre, il caso Galilei è stato riaperto e riesaminato, giungendo alla conclusione che la condanna del 1633 fosse stata ingiusta, e giustificata solo dal fatto che le rivoluzionarie teorie proposte da Galileo non fossero sostenute da sufficienti prove scientifiche.

«Come la maggior parte dei suoi avversari, Galileo non fa distinzione tra quello che è l’approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione sulla natura, di ordine filosofico, che esso generalmente richiama. È per questo che egli rifiutò il suggerimento che gli era stato dato di presentare come un’ipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse confermato da prove irrefutabili. Era quella, peraltro, un’esigenza del metodo sperimentale di cui egli fu il geniale iniziatore. [...] Il problema che si posero dunque i teologi dell’epoca era quello della compatibilità dell’eliocentrismo e della Scrittura. Così la scienza nuova, con i suoi metodi e la libertà di ricerca che essi suppongono, obbligava i teologi a interrogarsi sui loro criteri di interpretazione della Scrittura. La maggior parte non seppe farlo. Paradossalmente, Galileo, sincero credente, si mostrò su questo punto più perspicace dei suoi avversari teologi». (Giovanni Paolo II ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze, 31 ottobre 1992)